Gen 18, 2018 | Notizie
Il Forum delle Famiglie di Puglia è stato ascoltato ieri in audizione sul DDL n. 253 del 14/11/2017 “Norme contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dell’identità di genere”, durante la seduta congiuntadi III, VI e VII Commissione consiliare.
Precisa e dettagliata la disamina dei punti controversi della Legge che, operando in difformità rispetto ai principi fondamentali dello Stato e creando norme innovative in merito a questi ultimi, incorre in palesi vizi di illegittimità costituzionale.
Entrando nel merito del testo, si è notato come esso si limiti a contrastare e sanzionare solo le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere, escludendo tutte le altre numerose ed egualmente rilevanti forme di discriminazione, violando così il principio di eguaglianza e quello di imparzialità sanciti dalla Costituzione.
Non si vede il motivo per cui gli interventi della Regione previsti nei primi due articoli non debbano essere indirizzati anche in favore di bambini e ragazzi che vivono situazioni di marginalità sociale; dei disabili, che dopo i 18 anni hanno difficoltà nell’inserimento lavorativo; delle famiglie che per un figlio in più rischiano la povertà; delle donne costrette a dimettersi in caso di maternità; dei giovani pugliesi che devono lasciare la loro terra per cercare un’occupazione.
Nell’articolo 3, che prevede la promozione, da parte della Regione, di attività di formazione e aggiornamento antiomofobia nelle scuole per studenti, docenti e famiglie, non c’è traccia della salvaguardia della primaria responsabilità educativa dei genitori nei confronti dei propri figli (articolo 30 della Costituzione) e della comune costruzione di buone prassi educative fra scuola e famiglia, così come previsto dalle Linee guida nazionali del Miur “Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione” e dalla Legge 107/2015 sulla Buona scuola.
Se gli orientamenti nazionali del Ministero valorizzano un rafforzamento dell’alleanza fra le due principali agenzie educative, famiglia e scuola, il testo del ddl regionale in discussione va nella direzione contraria.
Ci si chiede: chi dovrebbe organizzare e portare avanti questi corsi? In base a quali criteri saranno individuati Enti e Associazioni che dovranno proporre a docenti, personale scolastico, genitori e ragazzi tali percorsi formativi? Quali contenuti saranno proposti e veicolati? Come sarà valorizzato il protagonismo educativo dei genitori, a rischio di essere esclusi completamente o vedersi imporre percorsi formativi decisi altrove?
Infine, le misure in materia di informazione e comunicazione contenute nell’articolo 8 del ddl corrono il rischio di violare l’articolo 21 della Costituzione, che garantisce a tutti la “libertà di pensiero e di parola”, e che al comma 2 precisa come la stampa non possa “essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.
In conclusione, sembra evidente che questo ddl sia viziato da un macroscopico “eccesso di potere“, che gli fa oltrepassare l’ambito della potestà legislativa regionale consentito dalla Carta Costituzionale e dalle Leggi statali.
Dic 18, 2017 | Notizie
Il Forum delle Associazioni Familiari di Puglia ha documentato in più occasioni e sedi la necessità che questa Regione si doti di azioni strutturali in termini di politiche familiari, di natura non assistenziale; in ultimo con la Lettera aperta con cui, insieme alle sigle sindacali confederali Cgil, Cisl ed Uil di Puglia e a più di 40 associazioni del territorio, ha chiesto alla Giunta e al Consiglio di istituire un tavolo di lavoro per la costruzione del nuovo Piano regionale di Politiche familiari con lo stanziamento di risorse specifiche.
Ci aspettavamo dalla Legge di bilancio per il 2018 un segnale forte in questa direzione, ma constatiamo che, al contrario, nel testo non c’è alcun riferimento alle politiche familiari.
Avevamo avanzato diverse proposte per un fisco più equo e a misura di famiglia, ma non abbiamo avuto alcuna interlocuzione nel merito e i risultati sono evidenti nel testo presentato.
Non vengono rese strutturali le “Detrazioni all’addizionale regionale all’Irpef per carichi di famiglia” previste per quattro anni, dal 2013 al 2017, per nuclei con più di tre figli. La misura, sul cui stato di attuazione c’era da fare una riflessione per allargare la platea dei beneficiari, sembra scomparsa per il 2018. A tal proposito, chiediamo che venga riproposta e accompagnata da un monitoraggio sulla sua concreta applicazione e i relativi risultati, per poterla eventualmente migliorare.
Non ci sono elementi seri atti a contrastare il preoccupante declino della natalità in questa regione. Quanto abbiamo evidenziato nei diversi momenti di discussione e nella lettera aperta risulta ancora più attuale alla luce dei dati più recenti sulla riduzione delle iscrizioni di bambini nelle scuole d’infanzia, sia perché essi diminuiscono di numero, sia perché le rette sono elevate. Il nostro tasso regionale di natalità è tra i più bassi del mondo già da diversi anni. Diminuisce costantemente la popolazione giovanile tra 18 e 34 anni, mentre aumentano i decessi, dovuti solo per la metà all’incremento della popolazione anziana, ma per l’altro 50% attribuibili alla difficoltà di prendersi cura di tali persone, spesso non autosufficienti.
Di fronte a questo quadro desolante, la disponibilità del Forum al confronto con il Governo regionale su questi temi rimane elevata, ma abbiamo bisogno di un interlocutore che abbia la volontà e la determinazione politica di portare avanti concrete misure di politica familiare, divenute più urgenti che mai.
Nov 24, 2017 | Notizie
È stata presentata la Lettera aperta con cui il Forum delle Famiglie di Puglia, le sigle sindacali confederaliregionali Cgil, Cisl e Uil e le Commissioni di Pastorale Familiare e del Lavoro della Conferenza Episcopale pugliese chiedono alla Giunta e al Consiglio regionali di istituire un tavolo di lavoro con le Associazioni Familiari del territorio per la costruzione del nuovo Piano di Politiche familiari.
La lettera è stata sottoscritta anche dalla Federazione Medici di Medicina generale (Fimmg) di Bari e da oltre 40 associazioni.
La terza Conferenza nazionale della Famiglia, che si è tenuta a Roma a fine settembre, ha ribadito che l’Italia deve ripartire dalla famiglia, altrimenti non avrà domani (“Più forte la famiglia, più forte il Paese”, è stato lo slogan). Ma soprattutto lo deve fare la Puglia, che evidenzia dinamiche molto preoccupanti, con un calo della natalità tale da essere la terza regione italiana con minor indice di fertilità e caratterizzata da una costante migrazione della popolazione giovane alla ricerca di studio e lavoro. Investire nella famiglia significa rafforzare la coesione sociale e dare una forte spinta allo sviluppo economico del territorio. Non bastano misure parziali e interventi transitori, ma è più che mai indispensabile una strategia complessiva.
La nostra Regione non è fortunatamente al punto zero, poiché ha già compiuto passi importanti in materia, come il marchio “Puglia loves family”, recentemente messo a punto dall’Assessorato regionale al Welfare e in particolare dal compianto Salvatore Negro.
Ma è importante, come si legge nel testo della lettera, che si affronti “in modo organico e strutturale il tema delle politiche familiari, e in particolare le politiche fiscali e di welfare, il contrasto alla grave crisi demografica, l’accesso al lavoro di donne e giovani, l’accesso alla prima casa delle coppie di sposi, concrete misure in materia di conciliazione vita-lavoro a tutela della maternità e della lavoratrice madre”. Basti pensare, infatti, che nel 2016 il 78% delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali riguardano le donne lavoratrici.
«È forse la prima volta in Puglia che si forma un cartello così ampio non per parlare di ideologie e moralismi, ma per chiedere misure concrete, -ha esordito Lodovica Carli, presidente del Forum delle Associazioni Familiari di Puglia.
«Sosteniamo convintamente questa battaglia, ché di battaglia si tratta», così Vincenzo Lezzi, segretario regionale Cisl Puglia, secondo cui «non bastano i bonus, anche se importanti, perché gli aiuti non possono essere episodici, ma devono essere strutturali. Con questo documento si vuole aprire una discussione a 360°, che affronti il sostegno alla genitorialità, le politiche abitative, la disabilità, il sostegno alle giovani coppie e molto altro ancora».
Bisogna ripartire dalla famiglia anche secondo monsignor Franco Lanzolla, responsabile della Commissione pastorale per la Famiglia e la Vita della Conferenza episcopale pugliese, poiché essa è «il primo luogo di aggregazione e socializzazione, e se non si investe nella sua formazione i costi per il sociale sono enormi». Insomma, «la famiglia non è un problema da risolvere, ma una risorsa a cui dare attenzione».
La dottoressa Carmela Coppola della Federazione italiana medici di Medicina generale di Bari ha posto l’accento sull’importanza dell’assistenza medica domiciliare e territoriale, specie nei confronti delle famiglie che accudiscono anziani, disabili e malati cronici, di cui «da tanti anni si parla, ma per le quali poco si è fatto».
«In vista della costruzione del Piano regionale di Politiche Familiari, il Forum, in collaborazione con gli altri firmatari della lettera, intende promuovere localmente dei tavoli monotematici di confronto per raccogliere le istanze delle famiglie pugliesi e giungere ad una Conferenza regionale sulla Famiglia», così ha concluso Vincenzo Santandrea, presidente dell’Associazione Famiglie numerose di Puglia.
Alla conferenza hanno presenziato i consiglieri regionali Sabino Zinni della lista Emiliano Sindaco di Puglia, Domenico Damascelli di Forza Italia e Saverio Congedo del Gruppo misto, che hanno espresso il loro plauso e l’appoggio nel portare avanti le istanze espresse nella Lettera aperta, così come hanno fatto il consigliere Giannicola De Leonardis di Area Popolare e Nino Marmo di Forza Italia con una nota ufficiale. Presenti anche i rappresentanti di Fratelli d’Italia Filippo Melchiorre e Marcello Gemmato. In un messaggio di saluto, anche il presidente del Consiglio regionale Mario Loizzo ha espresso il suo interesse per l’iniziativa.
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La lettera
Al presidente della Giunta regionale pugliese
Dott. Michele EMILIANO
Agli assessori componenti la Giunta regionale pugliese
Al presidente del Consiglio regionale pugliese
dott. Mario Loizzo
Ai componenti il Consiglio regionale pugliese
LORO SEDI
Egregio Presidente, illustri Consiglieri,
nei giorni 28 e 29 settembre 2017 si è tenuta, nella sala della Protomoteca in Campidoglio a Roma, la Terza Conferenza Nazionale della Famiglia, organizzata dal Dipartimento per le Politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri con il supporto dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia.
La Conferenza, che ha visto l’attiva partecipazione delle Istituzioni di tutti i livelli di governo, delle parti sociali e, naturalmente, delle organizzazioni rappresentative della società civile, tra cui il Forum delle Associazioni Familiari nelle sue articolazioni nazionale e regionali, ha affrontato temi di grande rilevanza e attualità quali la crisi demografica, le politiche fiscali a favore della famiglia e le misure di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
La Conferenza ha costituito, dunque, un’occasione di riflessione, partecipazione, confronto e dibattito sui temi della famiglia, considerata in tutte le sue componenti e problematiche generazionali, e ha avuto come focus la discussione e il confronto delle linee generali del prossimo Piano nazionale per la famiglia.
In tale prospettiva la Puglia non è al punto zero, avendo già compiuto alcuni passi importanti in tema di politiche familiari, a cominciare dalle iniziative di conciliazione e dal marchio “Puglia loves family”, recentemente messo a punto dall’Assessorato regionale al Welfare e in particolare dal compianto Salvatore Negro, di cui il Forum delle famiglie di Puglia ha avuto modo di apprezzare la disponibilità al confronto costruttivo sulle proposte presentate dalle Associazioni Familiari e dalle Organizzazioni Sindacali Confederali di CGIL, CISL e UIL.
Ma è ormai tempo che il Governo regionale nel suo insieme affronti in modo organico e strutturale il tema delle politiche familiari, e in particolare le politiche fiscali e di welfare familiare, il contrasto alla grave crisi demografica – che ha raggiunto livelli drammatici nella nostra regione -, l’accesso al lavoro di donne e giovani, l’accesso alla prima casa delle coppie di sposi, concrete misure in materia di conciliazione vita-lavoro a tutela della maternità e della lavoratrice madre (nel 2016 il 78% delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali riguardano le donne lavoratrici).
Anche l’Ocse, nel suo recentissimo rapporto “Preventing ageing unequally”, disegna un quadro del futuro dell’Italia veramente drammatico, in assenza di contromisure concrete, efficaci e strutturali di sostegno alle famiglie con figli, per evitare che gli effetti della denatalità condizionino pesantemente le prospettive di sviluppo socio-economico e si ripercuotano gravemente sul sistema di welfare.
Se l’Italia non riparte dalla famiglia, non avrà domani; e in questo contesto la Puglia evidenzia dinamiche ancora più preoccupanti, con un calo della popolazione negli ultimi due anni di circa 26mila abitanti!
A tal proposito, ribadiamo che le politiche familiari vanno assolutamente rafforzate, attraverso interventi dedicati, che non possono avere carattere assistenziale e occasionale.
Occorre investire di più sulle famiglie in modo che si rafforzi la coesione sociale e si dia una spinta allo sviluppo. In questa prospettiva di impegno si vuole riaffermare la necessità di politiche mirate, integrate e strutturali affinché si sostengano e potenzino le funzioni già svolte dalle famiglie, superando una situazione che, aggravata dalla crisi, appare oggi particolarmente sfavorevole alle relazioni, alla generatività, alla cura.
Per fare ciò non bastano misure parziali e bonus o interventi transitori, ma serve una strategia complessiva che oggi manca e, dunque, politiche fiscali, del lavoro e di welfare familiare.
È necessario, quindi, integrare le politiche rivolte al contrasto alla povertà con specifiche politiche per il sostegno alla famiglia prevedendo, nell’ambito della programmazione degli interventi propria del Piano regionale delle Politiche sociali, una specifica trattazione tematica, con la redazione di un Piano triennale per la Famiglia.
Ribadiamo in particolare, ancora una volta, l’urgenza di una fiscalità, anche locale, che tenga conto della composizione familiare, unitamente al rafforzamento delle politiche del lavoro, di welfare, abitative, delle politiche per la non auto sufficienza e la disabilità, in modo da promuovere anche in Puglia interventi strutturali di protezione e promozione della famiglia, in una visione promozionale e non solo assistenziale, attraverso un reale coinvolgimento di tutti i soggetti sociali, che valorizzi la contrattazione sociale territoriale.
Per questo chiediamo alle forze politiche, ai partiti e al Governo regionale di costruire assieme al Forum delle Associazioni Familiari un nuovo Piano regionale triennale di Politiche Familiari.
Bari, 24 novembre 2017
FORUM DELLE ASSOCIAZIONI FAMILIARI DI PUGLIA
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE – COMMISSIONE PASTORALE PER LA FAMIGLIA E LA VITA
UFFICIO REGIONALE DI PASTORALE SOCIALE E DEL LAVORO
CGIL PUGLIA
CISL PUGLIA
UIL PUGLIA
FEDERAZIONE ITALIANA MEDICI DI MEDICINA GENERALE (FIMMG) BARI
ACLI PUGLIA
AD PERSONAM
AFI
AGESC (ASSOCIAZIONE GENITORI SCUOLE CATTOLICHE) PUGLIA
AI.BI.
ANFASS PUGLIA
ANSPI PUGLIA
ASSOCIAZIONE COMITATO PROGETTO UOMO ONLUS
ASSOCIAZIONE CULTURALE “NUOVO UMANESIMO”
ASSOCIAZIONE FAMIGLIA PER TUTTI ONLUS
ASSOCIAZIONE FAMIGLIE NUMEROSE PUGLIA
ASSOCIAZIONE FAMIGLIE NUOVE
ASSOCIAZIONE FAMIGLIE TOSSICODIPENDENTI
ASSOCIAZIONE GENITORI (AGE) PUGLIA
ASSOCIAZIONE IGINO GIORDANI
ASSOCIAZIONE IL MELOGRANO
ASSOCIAZIONE LA BOTTEGA DELL’OREFICE
ASSOCIAZIONE MEDICI CATTOLICI DI PUGLIA
ASSOCIAZIONE PADIF
ASSOCIAZIONE VIVERE IN
ASSOCIAZONE MEDICNA E PERSONA
AZIONE CATTOLICA ITALIANA – DELEGAZIONE PUGLIA
CENTRO ITALIANO FEMMINILE (CIF) PUGLIA
COMUNITA’ ARCA DELL’ALLEANZA
FEDERAZIONE PUGLIESE CONSULTORI FAMILIARI D’ISPIRAZIONE CRISTIANA
FEDERVITA PUGLIA
FONDAZIONE ANTIUSURA “SAN NICOLA E SANTI MEDICI”
ISTITUTO COMPRENSIVO “MONSIGNOR A. FRANCO”
MCL PUGLIA
MOVIMENTO ECCLESIALE DI IMPEGNO CULTURALE (MEIC) DI PUGLIA
ORDINE FRANCESCANO SECOLARE (OFS) PUGLIA
PASTORALE FAMILIARE REGIONALE
PROGETTO UOMO
RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO PUGLIA
RINNOVAMENTO PER LA VITA PUGLIA
UCIPEM – DELEGAZIONE PUGLIA
UNIONE CRISTIANA IMPRENDITORI DIRIGENTI (UCID) – BARI
UNIONE GIURISTI CATTOLICI ITALIANI – SEZIONE PUGLIA
Nov 17, 2017 | Notizie
Letto con attenzione il ddl approvato dalla Giunta Emiliano, il Forum delle associazioni familiari si pone alcune domande. C’è forse qualcuno che è più uguale degli altri, direbbe Orwell?
Caro presidente Michele Emiliano,
abbiamo letto con attenzione il disegno di legge approvato dalla Giunta regionale “contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere”, rispetto alle cui intenzioni nessuno può dirsi contrario.
Anzi. Il Forum da sempre è in prima linea per combattere contro tutte le discriminazioni. A cominciare da quelle nei confronti dei disabili, spesso privati del sostegno necessario per portare avanti il percorso scolastico, e che dopo i 18 anni praticamente scompaiono dalla vita civile per le difficoltà che le famiglie incontrano. Ma potremmo parlare dei senza fissa dimora; dei migranti; delle donne oggetto di violenza e vittime della tratta di esseri umani; delle coppie che vogliono mettere al mondo dei figli e non lo possono fare per motivi economici, di solitudine, di paura, di stabilità; dei giovani che se ne vanno dalla Puglia per mancanza di lavoro; e di tutti coloro che oggi costituiscono lo “scarto” della società.
Ogni atto di violenza o discriminazione è da condannare e contrastare; ma perché la Regione si pone il problema di farlo solo se agito contro la persona omosessuale o transessuale? Cosa impedisce al Governo regionale di proporre un’azione coordinata contro ogni forma di discriminazione?
Tra l’altro, il Global attitudes survey on LGBTI 2016, indagine dell’Ilga (International lesbian and gay association), effettuata in oltre 50 Stati, dimostra che l’Italia (su 12 Paesi europei considerati) figura fra quelli i cui cittadini manifestano maggiore apertura mentale e inclusività nei confronti degli omosessuali. Ciò e dimostrato anche dall’Oscad (l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori) del Ministero dell’Interno, che monitora le segnalazioni di presunti reati a sfondo discriminatorio, i cui dati non disegnano certo lo scenario di un’Italia omofoba. Basti pensare che, nei suoi primi tre anni di attività, sono pervenute all’Osservatorio solo 83 segnalazioni di discriminazioni basate sull’orientamento sessuale da tutta Italia.
E allora? Ci sarà omofobia nelle scuole pugliesi? Vediamo… Una ricerca-azione condotta su ragazze e ragazzi in otto scuole secondarie inferiori e superiori baresi, svolta da esperti dell’Università di Bari nel corso dell’anno scolastico 2016-2017, nel contesto di un progetto di educazione al rispetto delle differenze finanziato dall’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali), ha messo in evidenza l’assenza di atteggiamenti e mentalità omofobici fra i ragazzi baresi che hanno partecipato allo studio e la loro tendenza ad assimilare credenze e comportamenti vissuti in famiglia, evidentemente non discriminatori.
Il testo del Disegno di legge impegna la Regione a “promuovere, organizzare e sostenere attività di formazione e aggiornamento per gli insegnanti e il personale scolastico delle scuole di ogni ordine e grado del sistema di istruzione e di formazione professionale, in materia di contrasto degli stereotipi di genere e di prevenzione del bullismo motivato dall’orientamento sessuale, dall’identità di genere o da una condizione intersessuale”.
Si tratta di materia delicatissima, che non può essere affidata solo alla scuola, ma deve vedere i genitori protagonisti nell’agire la loro primaria responsabilità educativa, riconosciuta dalla Costituzione e ratificata dalla legge 107 sulla “Buona scuola” e dai relativi provvedimenti attuativi ministeriali, che riconoscono nella stretta collaborazione fra istituzione e famiglia la strada maestra per l’educazione delle nuove generazioni. ll patto di corresponsabilità educativa e il consenso informato dei genitori sono gli strumenti cardine per la costruzione di un’alleanza virtuosa. In più punti del recente Piano nazionale per l’educazione al rispetto e contro ogni forma di violenza e discriminazione del Miur viene ribadita proprio la priorità educativa dei genitori. Pertanto, nessuna “formazione” o indottrinamento dei docenti può pensare di bypassare la libertà di educare e accompagnare i figli alla scoperta della loro affettività e sessualità.
Gli articolo 3 e 5 prevedono inoltre che la Regione promuova la formazione su questi temi di genitori e studenti, nonché di operatrici e operatori dei servizi socio-sanitari e socio-assistenziali, valorizzando in questo caso esperienze e competenze maturate dalle organizzazioni operanti nell’ambito del contrasto alle forme di discriminazione e di violenza delle persone Lgbti. Basta questo per assicurare la validità di un intervento? O forse è necessario avvalersi dell’apporto di contributi scientifici qualificati, di letteratura non di parte, in grado di leggere i fenomeni in profondità e senza occhiali di nessun colore? Non è forse necessario assicurare, a maggior ragione negli interventi formativi, quel pluralismo culturale che garantisce la libertà di tutti?
Molto ambiguo è infine l’articolo 8. Esso prevede infatti che il Corecom effettui una rilevazione sui contenuti della programmazione televisiva e radiofonica e dei messaggi pubblicitari eventualmente discriminatori. Inoltre, è chiamato a garantire adeguati spazi di informazione e di espressione in ordine alla trattazione delle tematiche dettate dalla proposta di legge. Ci sembra che venga così introdotta una nuova forma di censura che limita la libertà di stampa, di espressione, di linguaggio e di opinione.
E’ urgente piuttosto lavorare insieme per una nuova cultura della persona , dell’affettività e della sessualità, del maschile e del femminile che, leggendo in profondità le grandi contraddizioni culturali e sociali di questa nostra epoca, possa accettare la rinnovata sfida antropologica ed educativa che ci interpella tutti.
Ott 24, 2017 | Notizie
La legge si preoccupa solo dell’inesistente problema dei medici non obiettori, ma non della piena applicazione della 194, che prevede “di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari”
Lascia davvero sconcertati la modalità con cui la PdL del consigliere regionale Mino Borraccino intende dare concreta attuazione alla legge sull’aborto volontario in Puglia.
Il tema è davvero complesso e richiederebbe uno studio accurato della cause delle interruzioni di gravidanza e delle modalità per prevenirle nella regione in cui le donne abortiscono di più, dopo Liguria ed Emilia, e dove si ha la più alta percentuale di aborti ripetuti.
Ma chi sono le pugliesi che abortiscono?
In maggioranza hanno fra 25 e 34 anni, (anche se per le minorenni abbiamo il tasso di abortività più alto d’Italia dopo la Liguria), un diploma di scuola media inferiore o superiore, sono nubili o coniugate, casalinghe o con un’occupazione, con già due figli a casa, perché un figlio in più anche in Puglia può portare al licenziamento, all’impossibilità di conciliare famiglia e lavoro e a superare la soglia di un’imprevista povertà. Per non parlare delle immigrate: 6625 donne, di cui 728 originarie dell’Europa dell’Est, hanno abortito in Puglia nel 2015. Quante di queste erano vittime di organizzazioni criminali che le portano in Europa illudendole con il miraggio di un lavoro e poi le buttano sulla strada?
La legge 194, che vorremmo integralmente applicata, stabilisce all’articolo 2 che al consultorio familiare spetta il compito “in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari della gestante (…) di esaminare con la donna (…) le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto”.
In Puglia, solo il 23% delle donne che richiedono l’Ivg si rivolge a un consultorio pubblico. Nell’anno 2015, secondo dati la cui fonte – come per tutti quelli di questa nota – è la Relazione al Parlamento del Ministro della Salute del dicembre 2016 sull’attuazione della legge 194/78, nei consultori pubblici pugliesi (in cui solo l’11% dei ginecologi operanti è obiettore di coscienza) si sono tenuti 2876 colloqui preliminari , finalizzati al disposto del suddetto articolo 2, al termine dei quali sono stati rilasciati 2573 certificati autorizzanti l’Ivg: che tipo di prevenzione, quindi, è stata messa in atto? Quali e quanti i tentativi di “superamento delle cause” della richiesta di abortire? Quali le difficoltà e i limiti degli interventi agiti?
Per queste domande non esistono risposte, interpellanze, mozioni, ordini del giorno in Consiglio regionale. Esiste solo una PdL che, malgrado la sentenza del Tar di Puglia del settembre 2010, si preoccupa dell’inesistente problema dei medici non obiettori di coscienza “per dare attuazione certa ad una norma dello Stato” che in realtà prevede ben altro.
Con la tabella a pagina 53 della Relazione sulla 194/78 del dicembre 2016 (dati 2014), il Ministero della Salute certifica che in Puglia è obiettore di coscienza il 78.5% dei ginecologi (contro il 79.9% del 2006). Inoltre, la tabella di pagina 51 attesta che il carico di lavoro medio per i ginecologi non obiettori che operano negli ospedali pugliesi è di 3.3 interruzioni a settimana, intervento che non richiede più di 10 minuti in sala operatoria; ed ove esistessero criticità organizzative, basterebbe ricorrere alla mobilità, visto che (dati del Ministero della Salute), Puglia e Piemonte sono le uniche due regioni italiane dove ginecologi non obiettori risultano non adibiti all’esecuzione di Ivg; cosa che non impedisce alla Puglia di essere una delle regioni italiane in cui si abortisce più precocemente (il 55.8% entro l’8° settimana di gravidanza) e velocemente (nel 76.6% dei casi in meno di 14 giorni dalla richiesta, contro il 60.9% del 2006).
Siamo d’accordo. È proprio un problema di volontà politica. Continuare a trastullarsi con la foglia di fico della libertà d’aborto, mai sancita dalla legge 194 che parla invece di tutela sociale della maternità, significa guardare la realtà con gli occhiali dell’ideologia e lasciare sola e disperata la donna gravida in difficoltà, ma desiderosa di portare a termine la sua gravidanza. Persino oggi che la Puglia è divenuta terra di vecchi e di badanti, terz’ultima regione italiana per numero di nascite.
IL FORUM DELLE ASSOCIIAZIONI FAMILIARI DI PUGLIA