La legge si preoccupa solo dell’inesistente problema dei medici non obiettori, ma non della piena applicazione della 194, che prevede “di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari”

Lascia davvero sconcertati la modalità con cui la PdL del consigliere regionale Mino Borraccino intende dare concreta attuazione alla legge sull’aborto volontario in Puglia.

Il tema è davvero complesso e richiederebbe uno studio accurato della cause delle interruzioni di gravidanza e delle modalità per prevenirle nella regione in cui le donne abortiscono di più, dopo Liguria ed Emilia, e dove si ha la più alta percentuale di aborti ripetuti.

Ma chi sono le pugliesi che abortiscono?

In maggioranza hanno fra 25 e 34 anni, (anche se per le minorenni abbiamo il tasso di abortività più alto d’Italia dopo la Liguria), un diploma di scuola media inferiore o superiore, sono nubili o coniugate, casalinghe o con un’occupazione, con già due figli a casa, perché un figlio in più anche in Puglia può portare al licenziamento, all’impossibilità di conciliare famiglia e lavoro e a superare la soglia di un’imprevista povertà. Per non parlare delle immigrate: 6625 donne, di cui 728 originarie dell’Europa dell’Est, hanno abortito in Puglia nel 2015. Quante di queste erano vittime di organizzazioni criminali che le portano in Europa  illudendole con il miraggio di un lavoro e poi le buttano sulla strada?

La legge 194, che vorremmo integralmente applicata, stabilisce all’articolo 2 che al consultorio familiare spetta il compito “in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari della gestante (…) di esaminare con la donna (…) le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto”.

In Puglia, solo il 23% delle donne che richiedono l’Ivg si rivolge a un consultorio pubblico. Nell’anno 2015, secondo dati la cui fonte – come per tutti quelli di questa nota – è la Relazione al Parlamento del Ministro della Salute del dicembre 2016 sull’attuazione della legge 194/78, nei consultori pubblici pugliesi (in cui solo l’11% dei ginecologi operanti è obiettore di coscienza) si sono tenuti 2876 colloqui preliminari , finalizzati al disposto del suddetto articolo 2, al termine dei quali sono stati rilasciati 2573 certificati  autorizzanti l’Ivg: che tipo di prevenzione, quindi, è stata messa in atto? Quali e quanti i tentativi di “superamento delle cause” della richiesta di  abortire? Quali le difficoltà e i limiti degli interventi agiti?

Per queste domande non esistono risposte, interpellanze, mozioni, ordini del giorno in Consiglio regionale. Esiste solo una PdL che, malgrado la sentenza del Tar di Puglia del settembre 2010, si preoccupa dell’inesistente problema dei medici non obiettori di coscienza “per dare attuazione certa ad una norma dello Stato” che in realtà prevede ben altro.

Con la tabella a pagina 53 della Relazione sulla 194/78 del dicembre 2016 (dati 2014), il Ministero della Salute certifica che in Puglia è obiettore di coscienza il 78.5% dei ginecologi (contro  il 79.9% del 2006). Inoltre, la tabella di pagina 51 attesta che il carico di lavoro medio per i ginecologi non obiettori che operano negli ospedali pugliesi è di 3.3 interruzioni a settimana, intervento che non richiede più di 10 minuti in sala operatoria; ed ove esistessero criticità organizzative, basterebbe ricorrere alla mobilità, visto che (dati del Ministero della Salute), Puglia e Piemonte sono le uniche due regioni italiane dove ginecologi non obiettori risultano non adibiti all’esecuzione di Ivg; cosa che non impedisce alla Puglia di essere una delle regioni italiane in cui si abortisce più precocemente (il 55.8% entro l’8° settimana di gravidanza) e velocemente (nel 76.6% dei casi in meno di 14 giorni dalla richiesta, contro il 60.9% del 2006).

Siamo d’accordo. È proprio un problema di volontà politica. Continuare a trastullarsi con la foglia di fico della libertà d’aborto, mai sancita dalla legge 194 che parla invece di tutela sociale della maternità, significa guardare la realtà con gli occhiali dell’ideologia e lasciare sola e disperata la donna  gravida in difficoltà, ma desiderosa di portare a termine la sua gravidanza. Persino oggi che la Puglia è divenuta terra di vecchi e di badanti, terz’ultima regione italiana per numero di nascite.

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