Il Forum delle Famiglie di Puglia è stato ascoltato ieri in audizione sul DDL n. 253 del 14/11/2017 “Norme contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dell’identità di genere”, durante la seduta congiuntadi III, VI e VII Commissione consiliare.

Precisa e dettagliata la disamina dei punti controversi della Legge che, operando in difformità rispetto ai principi fondamentali dello Stato e creando norme innovative in merito a questi ultimi, incorre in palesi vizi di illegittimità costituzionale.

Entrando nel merito del testo, si è notato come esso si limiti a contrastare e sanzionare solo le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere, escludendo tutte le altre numerose ed egualmente rilevanti forme di discriminazione, violando così il principio di eguaglianza e quello di imparzialità sanciti dalla Costituzione.

Non si vede il motivo per cui  gli interventi della Regione previsti nei primi due articoli non debbano essere indirizzati anche in favore di bambini e ragazzi che vivono situazioni di marginalità sociale; dei disabili, che dopo i 18 anni hanno difficoltà nell’inserimento lavorativo; delle famiglie che per un figlio in più rischiano la povertà; delle donne costrette a dimettersi in caso di maternità; dei giovani pugliesi che devono lasciare la loro terra per cercare un’occupazione.

Nell’articolo 3, che prevede la promozione, da parte della Regione, di attività di formazione e aggiornamento antiomofobia nelle scuole per studenti, docenti e famiglie, non c’è traccia della salvaguardia della primaria responsabilità educativa dei genitori nei confronti dei propri figli (articolo 30 della Costituzione) e della comune costruzione di buone prassi educative fra scuola e famiglia, così come previsto dalle Linee guida nazionali del Miur “Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione” e dalla Legge 107/2015 sulla Buona scuola.

Se gli orientamenti nazionali del Ministero valorizzano un rafforzamento dell’alleanza fra le due principali agenzie educative, famiglia e scuola, il testo del ddl regionale in discussione  va nella direzione contraria.

Ci si chiede: chi dovrebbe organizzare e portare avanti questi corsi? In base a quali criteri saranno individuati Enti e Associazioni che dovranno proporre a docenti, personale scolastico, genitori e ragazzi tali percorsi formativi? Quali contenuti saranno proposti e veicolati? Come sarà valorizzato il protagonismo educativo dei genitori, a rischio di essere esclusi completamente o vedersi imporre percorsi formativi decisi altrove?

Infine, le misure in materia di informazione e comunicazione contenute nell’articolo 8 del ddl corrono il rischio di violare l’articolo 21 della Costituzione, che garantisce a tutti la “libertà di pensiero e di parola”, e che al comma 2 precisa come la stampa non possa “essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

In conclusione, sembra evidente che questo ddl sia viziato da un macroscopico eccesso di potere, che gli fa oltrepassare l’ambito della potestà legislativa regionale consentito dalla Carta Costituzionale e dalle Leggi statali.

Condividi articolo