Ieri il ddl n. 253 del 14/11/2017 sulle “Norme contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dell’identità di genere” è stato approvato a maggioranza nella seduta congiunta di III e VI commissione consiliare. Il Forum, come già fatto in precedenza, ribadisce il suo NO al provvedimento, almeno nella sua forma attuale.

Sì, certo, siamo contro ogni forma di discriminazione: nei confronti delle persone omo o transessuali, come nei confronti delle persone portatrici di disabilità, degli immigrati,delle persone di colore, delle donne…

  1. E allora perché il testo del ddl 253/17 si riferisce unicamente alle persone omosessuali? Forse un disabile è meno discriminato? Soprattutto quando, dopo aver compiuto la maggiore età, in pratica scompare dalla vita civile?

Siamo contro la continua migrazione dei nostri giovani alla ricerca di un lavoro dignitoso nelle regioni del Nord Italia o in altri Paesi, al cui Pil ed al cui erario contribuiscono dopo un faticoso processo formativo supportato da risorse locali.

E allora perché l’articolo 2 del cosiddetto ddl antiomofobia prevede “misure di accompagnamento in grado di supportare le persone che risultino discriminate (…) per il loro orientamento sessuale o dall’identità di genere, nella individuazione e costruzione di percorsi di formazione ed inserimento lavorativo”?
Perché non fare altrettanto per i nostri giovani e in particolare per le donne che tentano di inserirsi nel mondo del lavoro, specialmente se in epoca fertile o addirittura in gravidanza? Vogliamo far finta di non sapere quante dimissioni in bianco vengono fatte firmare dalle ragazze in procinto di essere assunte per essere utilizzate in caso di gravidanza? Non è discriminazione questa? E perché non viene sanzionata dal ddl?
Evitiamo che dalla discriminazione si passi al privilegio.

  1. Nell’articolo 3, che prevede corsi di aggiornamento antiomofobia nelle scuole per studenti, docenti e famiglie, non c’è traccia della salvaguardia della primaria responsabilità educativa dei genitori nei confronti dei propri figli, prevista dalla Costituzione, e della comune costruzione di buone prassi educative fra scuola e famiglia, così come già previsto dalle Linee guida nazionali del Miur “Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione” (predisposte dall’allora ministro Fedeli) e dalla Legge 107/2015 sulla Buona scuola.

“Perché la Regione Puglia vuole sostituirsi allo Stato in questa funzione che non le appartiene?” (L. Stellacci).
Insomma, se gli orientamenti nazionali promuovono e valorizzano il rafforzamento dell’alleanza fra le due principali agenzie educative, famiglia e scuola, il testo del ddl regionale va nella direzione opposta.

Ci chiediamo inoltre: chi dovrebbe organizzare e tenere questi corsi? In base a quali criteri saranno individuati enti e associazioni idonei? Quali contenuti saranno proposti e veicolati? In base a quale impostazione culturale e scientifica? Non basta avere assicurazioni più o meno generiche sull’espunzione dell’ideologia gender dal testo del ddl. Già ora in esso non esiste alcun esplicito riferimento , ma nulla di chiaro ci viene detto circa i contenuti che verrebbero proposti nelle scuole.

Questo testo dimentica che da circa 15 anni esiste l’autonomia scolastica e che questo provvedimento rischia di violarla. Decisioni in merito spettano infatti agli organi collegiali di ogni singolo istituto e non possono essere prese né dalla Regione né dall’Usr.

  1. La Puglia non è una Regione particolarmente omofoba, come abbiamo dimostrato , numeri alla mano, in più occasioni. La stessa scelta di un Presidente dichiaratamente omosessuale che l’ha governata per ben 10 anni evidenzia chiaramente l’assenza, o almeno la limitata presenza di pregiudizi omofobici nella popolazione pugliese.
  2. Infine, questo ddl si occupa di questioni che meritano profondo rispetto, delicatezza, competenza e onestà intellettuale e che richiedono attenzione, approfondimento, superamento di vecchi e nuovi stereotipi: ad esempio quello per cui la principale problematica della persona omosessuale sia l’omofobia, senza tener presente che, se pure essa è presente nella società, non è esclusivamente da essa che dipende quel profondo disagio che non di rado è presente nella persona omosessuale.

Ogni caso di discriminazione è apertamente da combattere e condannare, ma evitiamo di farlo in maniera superficiale e ideologica.

Invitiamo pertanto il Consiglio regionale a revocare il cosiddetto ddl antiomofobia, o almeno a riscriverne le parti principali secondo le indicazioni che abbiamo espresso reiteratamente in questi mesi.

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