Grande partecipazione di associazioni e istituzioni locali al tavolo organizzato dal Forum delle Famiglie di Lecce lo scorso 12 aprile e dedicato alle Politiche fiscali family friendly, primo di una serie di incontri itineranti nelle province pugliesi, propedeutico alla Conferenza regionale sulla Famiglia in previsione nell’autunno prossimo.

L’intervento di Carlo Dionedi, vicepresidente nazionale di Associazione nazionale famiglie numerose (Anfn) e presidente del Forum di Piacenza ha tracciato un percorso possibile per i Comuni che si vogliano impegnare in tal senso.

L’Anfn, accogliendo una richiesta specifica da parte dell’allora ministro Costa, avente delega per la famiglia, ha elaborato un documento intitolato “La rinascita dell’Italia” che, partendo da un’attenta analisi storica e culturale, elenca alcun criticità e propone delle soluzioni:

  • Obiettivo Natalità 2.0. Contare sui figli, sui giovani e sulla famiglia che genera rinascita anche di tipo economico.
  • Aumento stanziamenti a favore delle politiche di natalità che non siano gli ennesimi bonus.
    Conciliazione lavoro-famiglia per favorire il lavoro femminile.
  • Più asili per adeguarsi allo standard del Trattato di Lisbona.
  • Fisco a misura di famiglia. Non solo tassazione verticale in base al reddito, ma anche orizzontale: una tassazione che tenga conto del numero di figli.
  • Contributi pensionistici. Una madre che ha tre o quattro figli non può andare avanti come una che non ne abbia avuti.
  • Attribuzione di due anni di contributi per ogni figlio alle madri lavoratrici.
    Isee. Anche l’Isee è uno strumento iniquo. Eliminare il fattore discriminante che lo caratterizza: la scala di equivalenza.
  • Vif (Valutazione impatto familiare). Consiste nel fatto che un’amministrazione locale, prima di adottare un provvedimento, verifichi l’impatto sulle famiglie in relazione alla composizione del nucleo familiare. L’Anfn da un paio di anni ha stipulato un accordo con la Provincia autonoma di Trento per esportare il modello trentino “Comune amico della famiglia”.
  • Un figlio, un voto. Questa è una provocazione. I politici spesso si fanno i loro conti. Siccome nelle famiglie numerose c’è un terzo di tutti i figli minorenni del paese, allora diciamo: “Dateci la possibilità anche di votare per i nostri figli”.

In platea vi è stata una notevole rappresentanza dei Comuni salentini, con la presenza di Sindaci e Assessori provenienti da Lecce, Corsano (paese già virtuoso grazie alla certificazione “Comune amico della famiglia”), Matino, Casarano, Lizzanello, Caprarica di Lecce, Salve, Galatone e Trepuzzi.

Al tavolo i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil hanno dato il loro specifico contributo. «Un breve intervento introduttivo, il mio, finalizzato a offrire, nell’odierno focus su fisco e famiglia, un quadro di contesto», ha introdotto il suo intervento Ada Chirizzi della Cisl di Lecce.

La sua analisi è stata centrata su tre livelli:

  • nazionale, con particolare riferimento agli esiti della Terza Conferenza nazionale sulla famiglia e al Patto per la natalità
  • regionale, nelle numerose interlocuzioni da cui è poi scaturita la lettera aperta al governatore Emiliano e alla sua giunta per la realizzazione di un tavolo permanente di lavoro da cui far scaturire il nuovo piano di politiche familiari
  • l’individuazione e la condivisione di percorsi e strumenti di azione territoriale.

«Questi tre livelli non possono essere disgiunti e, anzi, devono operare in modo compensativo e sinergico poiché non esiste un solo luogo “generatore “di politiche familiari. Così come pure è importante tenere insieme la miriade di politiche e interventi che attengono l’universo Famiglia  in modo diretto o indiretto.

Le politiche familiari rappresentano infatti una galassia dalle tante declinazioni.

Parlare di politiche familiari significa infatti parlare di:

  • Contrasto alla povertà, in cui spesso le famiglie sono il principale ammortizzatore sociale;
  • politiche abitative, con particolare riferimento ai nuclei in difficoltà ed alle giovani coppie;
  • politiche socio-sanitarie (servizi socio educativi, servizi per la non autosufficienza etc);
  • politiche di contrasto alla denatalità;
  • politiche per la conciliazione vita-lavoro e sistema dei permessi e dei congedi che possano limitare il grave fenomeno dell’abbandono del lavoro da parte di migliaia di donne a causa di una maternità che è vista dal sistema come problema piuttosto che come valore per la comunità tutta;
  • politiche di sostegno al reddito come ad esempio il Nafu (nuovo assegno familiare universale). Parlare di politiche familiari però non basta. Occorre ricorrere a delle aggettivazioni che ne definiscano la bontà e l’ efficacia, ossia quel livello di familiarità che le rende effettivamente“ family friendly”. Occorre infatti che i vari interventi siano promozionali e inclusivi (lontani da quella logica assistenziale che li ha fortemente connotati nel tempo); mirati; integrati; strutturali (rifuggendo la logica frammentaria ed episodica dei bonus); partecipati.

Quest’ultima qualità opera un forte richiamo al livello territoriale in termini di contrattazione territoriale ed aziendale di secondo livello. Ci chiediamo cosa sia possibile fare qui ed ora, quali percorsi sia possibile intraprendere per la costruzione condivisa di interventi pro family.

Il primo attiene alla contrattazione sociale di ambito che ha visto nei giorni scorsi l’avvio della riprogrammazione territoriale dei servizi socio sanitari. Un percorso tutto in salita, considerando l’esaurirsi del piano di finanziamento Pac per anziani e minori e la progressiva riduzione delle risorse nazionali e regionali, che rende ancora più evidente la carenza di investimento in spesa sociale del nostro Paese, e in particolare di spesa sociale per le famiglie, la qual cosa ci pone ben al di sotto della media europea e, nello specifico regionale, di quella italiana.

Difficoltà, queste, che devono spingere a un lavoro sinergico delle parti sociali e tra esse e la governance di ambito, favorendo processi di costruzione partecipativa di soluzioni che rispondano con efficacia ai tanti bisogni rilevati.

Il secondo possibile percorso è dato dalla contrattazione territoriale sulla fiscalità locale. Un processo da tempo avviato dalle segreterie territoriali di Cgil Cisl e Uil secondo una piattaforma territoriale che rideclinava la complessa galassia delle imposte comunali secondo una logica di progressività nell’imposizione e di esenzione nei casi di grave disagio, anche mediante il recupero di risorse aggiuntive derivanti dalla lotta all’evasione fiscale e contributiva.

Un percorso che ha generato qualche risultato , ma anche resistenze. Un percorso che occorre riavviare con l’ausilio di quegli amministratori locali di buona volontà che vogliano misurarsi nel merito.

Una terza traccia è infine rappresentata dalla contrattazione aziendale di secondo livello che, con l’ausilio delle rappresentanze sindacali interne, possa porre con forza le questioni che attengono a un’organizzazione del lavoro funzionale alla conciliazione lavoro-vita familiare, spingendo oltre gli strumenti contrattuali, favorendo degli istituti innovativi, quali telelavoro e banca delle ore, e, più in generale, su interventi integrati di welfare aziendale».

«La famiglia rappresenta il nucleo fondamentale, sia dal punto di vista sociale sia da quello economico. Essa non è una voce di spesa per i bilanci dello Stato e degli enti, ma una risorsa in cui investire – ha detto Apollonio Tommasi della Cgil Lecce -. Qualsiasi investimento effettuato nei confronti della famiglia contiene sempre un “ritorno” sul territorio e nella società.

Dal punto di vista fiscale occorre distinguere se la famiglia contempla uno o più soggetti lavoratori, cioè se risulta essere capiente ai fini Irpef o non capiente. Se la famiglia per esempio con due lavoratori è capiente il risparmio fiscale non può ridursi al 19%su un massimo di spesa di 632 euro per asili nido. Lo stesso dicasi per le detrazioni per carichi familiari o per le spese sportive o ancora per quelle universitarie. Tali detrazioni non sono al passo con l’effettiva spesa sostenuta dal contribuente. Per le famiglie incapienti invece occorrono politiche attive di welfare a sostegno dell’intero nucleo: istruzione, formazione, inserimento nel mercato del lavoro».

«Siamo convinti che non possa esserci democrazia se non c’è equità fiscale – ha esordito Walter Marangio della Uil -. È necessaria una riforma complessiva dell’Irpef nell’ambito della quale vanno potenziate e riordinate le misure a sostegno delle famiglie, a partire da quelle con figli, maggiormente esposte al rischio di povertà, superando l’attuale frammentazione e assenza di coordinamento fra i vari istituti.

È necessario uscire da una logica di interventi e misure spot o una tantum a favore di una strutturalità che intercetti i veri bisogni dando risposte adeguate. Noi siamo pronti a qualsiasi iniziativa volta alla ricerca di possibili soluzioni con Regione ed enti locali per la diffusione di una cultura pro-famiglia e promuovendo e potenziando i servizi ad essa dedicati».

Chiaro ed efficace anche l’intervento di Amelia Cucci Tafuro dell’associazione “Il melograno”, la quale ha richiamato l’attenzione sul problema della vedovanza. La perdita di un coniuge determina la genesi di un’intera famiglia vedova. Eppure molti non sanno che se la persona rimasta vedova (in genere la donna) “disgraziatamente” lavora, deve sottostare all’articolo 1 della legge 335/95 che prevede un’unica tassazione dei due redditi, con un’aliquota fiscale superiore a quella che si pagava separatamente con il coniuge vivente e con un reddito intero. «Fino al 1° gennaio 2019 – ha spiegato la Cucci Tafuro – gli orfani che percepiscono un assegno di reversibilità di poco superiore a 2.840,51 euro non possono essere considerati a carico del coniuge superstite, nel caso questo lavori. Quest’ultimo non potrà dunque avvalersi di detrazioni fiscali e deducibilità delle spese. Sono molte le iniquità a livello legislativo, regionale e locale. Chiediamo che l’attenzione del tavolo di lavoro che si andrà a costituire tenga conto di questa realtà. Perché le famiglie vedove sono e vogliono continuare ad essere famiglia!».

L’arcivescovo metropolita di Lecce monsignor Michele Seccia, nelle sue conclusioni, ha affermato che, se da un lato vanno perseguiti i diritti soggettivi delle singole categorie di persone, è necessario non sminuire l’importanza e la centralità della famiglia, che rimane la cellula primaria della società, definita «persona collettiva». Monsignor Seccia ha dunque incoraggiato i presenti a proseguire sulla via dell’impegno comune per sostenerla in modo concreto.

Per rinsaldare i nodi di una rete che contenga diversi soggetti operanti a vario titolo nelle politiche familiari è sorta la proposta di istituire un tavolo permanente tra Forum, sindacati e Comuni.

Uno dei prossimi passi sarà invitare le amministrazioni locali a dotarsi del marchio regionale “Puglia loves family” (il quale prevede, per esempio, l’adozione del Fattore famiglia nelle politiche fiscali) e ad aderire al network dei Comuni “amici della famiglia”.

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