Gentile Senatore, Gentilissima Senatrice,

la legge che il Senato si appresta a votare in materia di unioni civili fra persone dello stesso

sesso e di adozione del figlio di un componente la coppia da parte del partner va ad incidere nel

profondo della storia, della cultura e dei valori di un popolo, su cui si costruiscono percorsi di

generatività e genitorialità, e sul diritto dei bambini ad avere una famiglia con una mamma e un papà.

Il ddl Cirinnà crea incertezza e lacune giuridiche, nonché caos sul piano politico, perché è

fondamentalmente un testo normativo contraddittorio. Sembra quasi che queste incertezze e lacune

siano ddirittura volute allo scopo di rendere necessario l’intervento dei giudici “creativi”.

Le ragioni di questa critica sono le seguenti.

1. Da una parte, lo stesso testo normativo riconosce le unioni civili non come famiglie ma come

formazioni sociali ovvero come normali associazioni tra persone; dall’altra, ne dispone la

disciplina rinviando espressamente al diritto di famiglia.

In concreto, ferma restando la differenza formale, il ddl Cirinnà opera una sostanziale

assimilazione delle unioni civili alle famiglie, con ciò modificando la definizione di famiglia

data dalla Costituzione.

Infatti, secondo l’interpretazione data anche dalla Corte costituzionale, la famiglia costituisce

non tanto l’oggetto di un diritto individuale quanto piuttosto una società naturale fondata sul

matrimonio. La famiglia, per la Costituzione, non rappresenta un fatto privato tra i coniugi, ma

svolge una specifica funzione di rilievo pubblico, sulla base del principio di sussidiarietà, al

posto dello Stato, nell’assistenza e nell’educazione, assicurando in questo modo anche la tenuta

demografica della società.

svolge una specifica funzione di rilievo pubblico, sulla base del principio di sussidiarietà, al

posto dello Stato, nell’assistenza e nell’educazione, assicurando in questo modo anche la tenuta

demografica della società.

2. Un’altra contraddizione è data poi dal fatto che, a differenza dei coniugi, i partner delle unioni

civili possono interrompere il loro rapporto senza forme particolari.

In concreto il ddl Cirinnà riconosce ai conviventi i diritti dei coniugi e non i doveri, perché

senza alcun impegno pubblico di reciprocità, si tratta – a differenza della famiglia – di un

rapporto naturalmente precario.

Ecco, proprio questa asimmetria, unitamente alle altre contraddizioni, dimostra, ancora di più,

l’iniquità di questo testo.

3. Altra questione che rende la presente discussione paradossale è la vicenda della cosddetta

stepchild adoption, ovvero della possibilità di una persona di adottare il figlio biologico del

proprio partner. In pratica, si vuole estendere la disciplina delle adozioni anche a chi famiglia

non è, e ciò senza quelle garanzie per il minore, che impongono alle coppie sposate particolari e

assai severe procedure nelle pratiche di adozioni.

In pratica, mentre una famiglia sposata deve sottoporsi a un iter procedimentale a tutela del

supremo diritto del bambino ad avere un papà e una mamma, lo stesso ”dovere” non sussiste per

quei partner che si sono “procurati” un figlio attraverso tecniche procreative che violano le

leggi italiane (vedasi l’utero in affitto).

Tutto ciò è indubitabilmente assurdo e ingiusto soprattutto per i bambini. Il buon senso di un

legislatore saggio consiglierebbe dunque cautela e prudenza – cautela e prudenza che sono

sempre necessarie per disciplinare una materia come le adozioni. Pertanto, se proprio si dovesse

intervenire su una materia così delicata, sarebbe opportuno agire sulla disciplina generale delle

adozioni e non all’interno di una normativa introdotta a regolamentare le unioni civili, ovvero

formazioni sociali.

In conclusione, in un momento storico in cui mancano soluzioni a problemi come il deficit

demografico, l’iniquità fiscale soprattutto nei confronti delle famiglie, la conciliazione

famiglia/lavoro, l’educazione dei giovani e l’assistenza agli anziani, il nostro parlamento sta

discutendo di formazioni sociali.

Guardiamo, invece, alle priorità del nostro paese, guardiamo al futuro del nostro paese,

guardiamo alle famiglie!

Le chiediamo pertanto di:

1. onorare la Costituzione vigente, distinguendo nettamente il matrimonio tra un uomo e una

donna e la convivenza di coppie tra persone dello stesso sesso. Questo significa non rimandare

agli articoli del codice di famiglia per regolare i loro rapporti;

2. stralciare la norma sull’adozione del figlio dell’altro, oppure rinviarla al riordino della

normativa generale sull’affido e sulle adozioni, oppure rafforzare le condizioni che ne vietino

l’utilizzo anche indiretto, rispetto alla normativa nazionale attuale.

Auspico una Sua decisione molto meditata e responsabile in considerazione delle importanti

implicazioni culturali, antropologiche e sociali della legge che si appresa a votare.

Cordiali saluti.

La legge contiene seri problemi di incostituzionalità negli articoli che rimandano alle

istituzione di un (simil)matrimonio delle persone dello stesso sesso.

Inoltre, con la norma sull’adozione del figlio/a del compagno/a, oltre ad introdurre

serie distorsioni in materia di adozioni, non ostacola la possibile pratica dell’utero in affitto,

che è gioco forza praticare per le coppie omosessuali composte da maschi che “desiderano”

essere genitori. Su questo punto è in corso un serio e civile dibattito nazionale e internazionale

per la sua messa a bando come principio universale.

Certo che la pratica dell’utero in affitto è proibita in Italia, ma i casi di coppie

omosessuali maschi genitori di bambini acquisiti con pratica dell’utero in affitto sono già noti.

Gli articoli 29 e segg. della Costituzione definiscono la famiglia come luogo naturale

dell’incontro tra uomo e donna con la responsabilità dell’educazione dei propri figli.

Diritto dei bambini è avere una mamma e un papà.

Nella prossima discussione che si terrà nell’Aula del Senato il 26 gennaio sulle unioni

civili omosessuali e sull’adozione del “figlio/a dell’altro/a” Le chiediamo di:

3. onorare la Costituzione vigente, distinguendo nettamente il matrimonio tra un uomo e

una donna e la convivenza di coppie tra persone dello stesso sesso. Questo significa

non rimandare agli articoli del codice di famiglia per regolare i loro rapporti;

4. stralciare la norma sull’adozione del figlio dell’altro, oppure rimandare con una norma

di rinvio al riordino della normativa generale sull’affido e sulle adozioni, oppure

rafforzare le condizioni che ne vietino l’utilizzo anche indiretto, rispetto alla

normativa nazionale attuale.

Auspico una Sua decisione molto meditata e responsabile in considerazione delle

importanti implicazioni culturali, antropologiche e sociali della legge che si appresa a votare.

Cordiali saluti.

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