«Avevamo chiesto di tener conto della composizione del nucleo familiare nel modulare i provvedimenti di sostegno dell’omonimo decreto del Governo. Nel principio, purtroppo, nulla è cambiato rispetto a marzo 2020. Si continua a ragionare per categorie del lavoro: dipendenti, disoccupati, imprese, atipici, partite Iva. Bisognerebbe dare risposte serie alle famiglie, partendo dai carichi familiari»: così il presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo, dopo il varo del Dl Sostegni da parte del Governo Draghi.
«L’assenza di calibrazione in base ai componenti di ogni famiglia degli aiuti previsti dai provvedimenti contenuti nel decreto legge equivarrebbe a essersi dimenticati di tarare i ristori per le imprese in base alla grandezza e alle perdite di fatturato. Un’equivalenza che, nel caso delle famiglie con figli, genera disuguaglianza e quindi ingiustizia. Ora ci aspettiamo, per quanto possibile, che qualcosa venga modificato nella discussione parlamentare», conclude De Palo.
Cosa significa nel 2021 celebrare la Giornata internazionale della Donna?
Cosa significa in un tempo dominato dalla precarietà e dall’incertezza del lavoro, favorite dalla pandemia in corso, e caratterizzato da relazioni tra uomini e donne non di rado talmente fluide da divenire incapaci di progetto e di generazione, o peggio protagoniste loro malgrado di un “amore” possessivo e violento?
Nel corso del 2020 sono state circa 5.000 le donne pugliesi che hanno perso il lavoro. Si tratta principalmente di libere professioniste. Ma anche nel lavoro dipendente sono state le donne a pagare il prezzo più alto del Covid-19. Laddove infatti c’è stata una contrazione nell’occupazione giovanile, essa ha riguardato quasi esclusivamente le giovani donne, che hanno subìto l’impatto negativo delle restrizioni sulle attività produttive del 2020 .
Attualmente nella nostra regione il tasso di disoccupazione femminileè di 4,5 punti percentuali più alto rispetto a quello maschile: ennesima situazione che penalizza le donne, malgrado un tasso di istruzione decisamente superiore a quello maschile.
Ciò rende ancora più difficile la possibilità di piena espressione di sé delle giovani donne pugliesi, anche dove ciò preveda la realizzazione di un desiderio di maternità, che nella nostra regione è profondamente mortificato da difficoltà lavorative e di conciliazione famiglia-lavoro, dovute alla frequente impermeabilità dell’organizzazione del lavoro rispetto alle necessità della crescita e dell’educazione dei figli, ancora considerati come frutto di una scelta privata anzichè, come in effetti sono, bene comune per tutta la società.
Celebrare la donna significa impegnarsi per correggere profondamente le distorsioni di un sistema che la vede sempre sacrificabile per prima. Nella carriera, in famiglia, nei carichi di cura, nelle rinunce.
Significa riconoscere talenti e peculiarità proprie della donna, nella pari dignità, con i medesimi diritti e offrendole le medesime opportunità riservate all’uomo nelle carriere, negli stipendi e nell’organizzazione del lavoro, riconoscendo e salvaguardando lo specifico femminile.
C’è bisogno di costruire un femminismo della differenza, capace di superare quei modelli maschilisti contro cui in passato pur aveva lottato il movimento delle donne. Abbiamo bisogno di un femminismo relazionale e generativo, che affermi i valori femminili contro il machismo e la violenza; e di uomini e donne capaci di impegnarsi insieme per questo.
1 euro a famiglia per aiutare migliaia di nuclei familiari messi in ginocchio dalle conseguenze economiche della pandemia di Covid-19: è l’iniziativa lanciata dalla Fondazione Forum Famiglie con una campagna web e social e un videoclip cui presta la voce e il volto la popolare attrice Beatrice Fazi.
La proposta prende il via dalla lettera aperta di un’operatrice sanitaria, che metteva a disposizione il compenso extra ricevuto per l’assistenza ai pazienti Covid con il fine di aiutare una o più famiglie in sofferenza economica temporanea. A questo messaggio, nel tempo, si sono aggiunte altre famiglie disposte a fornire un sostegno economico a nuclei in difficoltà. Da questo slancio nasce il Fondo Famiglie, un contenitore grazie al quale la Fondazione potrà raccogliere le donazioni dei benefattori, incrociandole con le richieste di aiuto.
#1euroafamiglia è una campagna nazionale di solidarietà inter-familiare che ha l’obiettivo di valorizzare il protagonismo delle famiglie italiane e la sussidiarietà orizzontale, in un momento delicato e difficile per tante mamme e papà che, prima della crisi generata dal coronavirus, riuscivano a mantenere i loro figli, a pagare le rate del mutuo, a onorare l’affitto mensile. Ma che negli ultimi mesi sono sprofondati sotto i colpi dei lockdown e delle restrizioni anti-contagio, perdendo in molti casi il lavoro e, con esso, tutte le certezze sul futuro.
Attraverso l’impegno minimo di un euro al mese, per un anno o un altro periodo a scelta di chi aderisce, si potrà dare risposta a migliaia di persone che vivono sulla loro pelle problemi economici di sussistenza mai sperimentati prima, dopo aver dato fondo a tutti i risparmi accumulati. #1euroafamiglia non si ferma all’aiuto economico, ma – attraverso una rete di consulenti familiari e associazioni specializzate – offre a chi ne avrà bisogno servizi di counseling per varie necessità familiari. Insomma: non solo soldi, ma una vera e propria rete di famiglie per le famiglie in grado di sostenersi a vicenda.
«Con #1euroafamiglia – spiega Gigi De Palo, presidente nazionale della Fondazione Forum Famiglie – abbiamo pensato di creare una sorta di “vaccino” contro le conseguenze economiche più gravi del Covid-19. Uno strumento concreto, di facile accesso e di rapida applicazione in grado di proteggere per un tempo congruo quei nuclei familiari, spesso con figli, che prima della pandemia riuscivano ad arrivare a fine mese, ma che oggi non sanno come andare avanti».
Centro dell’iniziativa è il sito web fondofamiglie.org, dove è possibile conoscere i dettagli su come donare e come chiedere aiuto. Accedendo, con pochi clic, ai canali di raccolta delle richieste e/o di disponibilità a diventare benefattori. A chi volesse donare, è richiesto l’impegno minimo di un euro al mese. Ovviamente, con 10, 100 o più euro sarà possibile moltiplicare in modo esponenziale l’effetto-sostegno. Con la garanzia che il 100% dei fondi raccolti verrà utilizzato per aiutare le famiglie in difficoltà.
Per chi si trova in condizioni di precarietà economica, sul sito web è possibile inviare la richiesta di sostegno, accedendo – in modo anonimo – a una rete di consulenza familiare e servizi di supporto. Un’apposita Commissione verificherà la rispondenza dei requisiti della famiglia richiedente, dandole accesso ai benefici del Fondo Famiglie e seguendone la situazione fino alla risoluzione della criticità. La Rete di supporto su cui poggia #1euroafamiglia è costituita da circa 300 consulenti familiari, che fanno riferimento a 596 associazioni, attive da anni sul territorio nazionale e a livello regionale e locale. Anche il Forum Puglia è in prima linea in questa iniziativa.
«Per 6 famiglie italiane su 10 – sottolinea De Palo – la crisi economica generata dalla pandemia è la peggiore di sempre. Rispetto al 2019 sono andati perduti 622 mila posti di lavoro, di cui 344 mila tra le donne. Questo in un Paese in cui la perdita del lavoro è la prima causa di povertà. Di fronte alle molteplici segnalazioni di situazioni problematiche a livello socio-economico e guardando alle previsioni, per la prossima primavera, della crisi nel mercato del lavoro, con conseguenze catastrofiche su centinaia di migliaia di famiglie, abbiamo deciso di non rassegnarci. Abbiamo raccolto l’idea contenuta nella lettera che ci ha inviato la dottoressa, provando a rispondere così al disagio di tanti nuclei familiari. Per cambiare la vita a tante persone, in fondo, basta #1euroafamiglia».
«Non riteniamo di dover ulteriormente intervenire nel dibattito innescato dall’affissione, anche nella città di Andria, di un manifesto antiabortista, fermo restando che ogni forma di censura, da chiunque attuata, contro la libertà di manifestazione del pensiero, è certamente meritevole di biasimo e ogni atto di limitazione di tale libertà non può essere giustificata.
Intendiamo però approfittare dell’attenzione mediatica per ragionare su una questione ben più ampia – e sicuramente più profonda – di un cartellone pubblicitario, che riteniamo non possa essere ridotta a semplici slogan.
Sarebbe infatti auspicabile che, a più di 40 anni dalla sua approvazione, le istituzioni possano garantire l’applicazione integrale della legge 194, a partire dalla sua parte preventiva (articoli 2-5), purtroppo spesso ignorata. Ciò comporta che vengano abbandonate alla loro solitudine donne che chiedono di abortire per le difficoltà a portare a termine la loro gravidanza ma che, se debitamente aiutate, potrebbero realizzare il loro diritto a diventare madri. Sono tanti i problemi che una donna in attesa di un figlio incontra, e la scelta dolorosa di abortire genera spesso drammi che ci si porta dietro tutta la vita. Chi se ne preoccupa?
Le istituzioni, a partire da quelle comunali, devono occuparsi di tutti e non soltanto di una parte.
E allora perché non lavorare insieme per provare a rimuovere le tante cause che possono limitare anche in modo drammatico la libertà di una donna che vuole diventare madre? Perché non vengono messe in atto politiche reali di tutela della maternità anche e soprattutto nei posti di lavoro? Sono infatti molte le donne che abortiscono per tenersi stretto un posto di per sé già traballante, se – come ci dicono gli ultimi dati Istat – su 101mila nuovi disoccupati causati dalla pandemia in atto, 99mila sono donne. Il 98%.
E quante sono in difficoltà per la mancanza stessa di un’occupazione, di disponibilità economica, per una casa troppo piccola, per un partner violento o semplicemente non adeguato?
L’invito è dunque non alla contrapposizione ideologica, ma a un’alleanza tra istituzioni e associazionismo per la tutela delle donne e delle madri e per una concreta promozione dell’educazione dell’affettività e della sessualità di giovani e adulti».
Forum delle Associazioni Familiari Bat – Antonio Gorgoglione
Dopo
l’audizione dei giorni scorsi in Commissione del Consiglio Regionale con
l’assessore al Diritto allo Studio Sebastiano Leo, come Forum delle
Associazioni familiari di Puglia siamo a chiedere interventi urgenti e
non più procrastinabili per la ripresa in sicurezza delle attività
scolastiche.
Non
è più accettabile che la responsabilità nella scelta tra la didattica in
presenza e quella integrata a distanza, ribadita in tutte le ultime ordinanze del
Governatore Michele Emiliano, sia affidata alle famiglie. I genitori –
il cui fondamentale ruolo educativo è reso ancor più gravoso dall’emergenza
pandemica – non conoscono i dati sui contagi né possono fare valutazioni
precise in merito all’opportunità di far andare i propri figli a scuola. Eppure
si sono ritrovati a prendere decisioni che riteniamo debbano essere appannaggio
della politica.
L’Associazione
Nazionale Presidi (ANP) ha effettuato un’indagine su un campione di 150 istituti
pugliesi, dalla quale è emerso che, dal 7 gennaio le presenze nelle scuole primarie
e secondarie di primo grado sono raddoppiate rispetto al periodo precedente. È
segno che le famiglie vogliono un rientro in classe, ma lo vogliono in
sicurezza. Sicurezza che il Governo di questa Regione avrebbe dovuto garantire
già da settembre, a maggior ragione ora.
Per
questo, al netto della necessità di avere dati certi e trasparenti sui
contagi legati ai rientri a scuola, ci permettiamo di formulare alcune
ulteriori proposte:
Attivare delle task-force fuori dalle scuole, magari impiegando i cittadini che percepiscono il ReD o il Reddito di Cittadinanza per vigilare e prevenire eventuali situazioni di contagio;
Prevedere nel minor tempo possibile una campagna vaccinale per dirigenti, insegnanti e operatori scolastici;
Attuare uno screening periodico diffuso con tamponi rapidi;
Potenziare in maniera significativa i trasporti scolastici, affinché gli studenti che si spostano in altre città possano viaggiare in assoluta sicurezza.
Auspichiamo
che tali proposte vengano prese in considerazione, per alleviare il peso che
oggi grava sulle spalle delle madri e dei padri pugliesi. Peso e responsabilità
che la politica regionale dovrebbe avere il coraggio di prendere su di sé,
com’è giusto che sia.